Ospiti
“Alienazione è essere altro da sé, una fuga dalla sofferenza, ed è pericoloso. I drogati fuggono dalla realtà. Noi siamo drogati e abbiamo la droga sempre in tasca, il cellulare. Non vorrei essere ammaestrato da una interfaccia”.
Nel 2024 pubblica, per NFC Edizioni, “Vita da autodidatta. Una palla in fronte”.
“Perché vedi, uno ha bisogno di riconoscimento. Non di riconoscenza, mai.
Alla fine è proprio il circo che detesti quello in cui vuoi entrare. Ti servirebbe uscire sul tale giornale, ma quelli manco ti cagano.
Ps L’Espresso ha eliminato solo la mia rubrica, in redazione sbocciano alla mia dipartita. Una messa di pochezza per della gente che scrive moscia moscia, da impiegatini che scrivere gli serve per andare agli aperitivi romani.
Perché poi paradossalmente ci entri in quel mondo e ti ritrovi immerso in un circuito di raccattati dalla piena, di gente con cui non vorresti avere a che fare. Gente che non ti può capire e che fa altro rispetto a quello che pensavi facessero: addetti stampa, giornalisti, sono altro. E fai come Cobain che all’apice del successo era all’apice del fraintendimento e si tirò una fucilata in bocca”.
“Le guerre “umanitarie” hanno destabilizzato il mondo e distrutto l’ordine liberale. Diversamente da come credeva Fukuyama, non è finita la Storia e non ha trionfato la democrazia. Ha prevalso invece l’economia, che ha ucciso la politica. There is no alternative è stato il ritornello che ha portato al potere mediocri burocrati, impegnati solo nella gestione dell’esistente”.
Negli anni successivi il cantautore continua ad alternare l’attività musicale a quella di scrittore e giornalista, trasferendosi a Milano e collaborando con diversi giornali.
Oltre a lavorare ai dischi dei Baustelle, Bianconi collabora anche con diversi altri artisti.
Come scrittore Francesco Bianconi pubblica nel 2011 “Il regno animale” – che sarà poi anche musicato nell’album “Sonorizza: il regno animale” – edito da Mondadori e, per lo stesso editore, “La resurrezione della carne” nel 2015.
Nell’ottobre 2020 il cantautore toscano esordisce come solista con l’album “Forever”, cui segue, nel 2022, “Accade”.
Romanzo di Formazione è una “canzone è un po’ amara, nasce dalla consapevolezza che tutto cambia per non cambiare mai. E da una constatazione: che Matteo Salvini ha la mia stessa età. Mi sono immaginato questa sorta di parallelismo fra il mio romanzo di formazione e il suo, in base ai dati a disposizione. La canzone è un entra-esci da me dalla biografia di questo immaginario leader politico di destra, che arriva a essere di destra dopo che in gioventù non lo era affatto. Proprio come Salvini, ma nel pezzo non mi riferisco in maniera specifica a lui, non mi interessano i nomi. Credo riguardi tutto il nostro Paese, se non tutti in generale. Come si diceva: parti da giovane a votare estrema sinistra per poi morire democristiano. Volevo mettere in canzone questo tragicomico andamento dell’essere umano, che se non autoregolato tende a passare – con l’invecchiamento, con la conquista del potere – alla perdita dell’idealismo. Nel senso: il fascismo si annida dentro ognuno di noi”.
“Nessuna tecnologia potrà sostituire l’uomo, poiché la tecnologia è solo uno strumento, l’ennesimo, con cui ci illudiamo di farci piccoli dèi capaci di padroneggiare il mondo. L’IA ci faciliterà molte attività rendendo semplice il complesso. Ma di certo non ci renderà né divinità né schiavi delle macchine. “Il giorno della fine non ti servirà l’inglese”, cantava Battiato ne Il Re del Mondo. Non ci servirà neanche l’AI. Parafrasando il Maestro, nel momento del dolore nessuna tecnologia potrà saziare la nostra sete di assoluto, di eterno, di Dio. Di un Dio. Qualsiasi forma a esso ognuno di noi assegni e immagini per Lui. E la tecnologia si mostrerà ancora una volta per quello che è: un placebo che trasfigura ed eleva illusoriamente l’esistenza ma continuando a non dare le risposte alle nostre domande sul senso della vita, essendo la tecnologia solo un medium moltiplicatore di potenza privo di ogni afflato mistico capace di quietare lo spirito dell’uomo”.
“Io sono niente, la cultura va smascherata, occorre fare lo scalpo ai figli del buio. Il linguaggio ti serpeggia in gola: non credo in chi bara, usando barometri verbali diversi, a seconda delle circostanze, delle convenienze. Un artista è sé quando scrive una lettera, un sms, un sos, un poema; del resto, l’arte è insufficiente a tutto, dunque occorre scavare alla scoperta di un monastero sotterraneo, senza munizioni. Di Franz Kafka ricordo l’indelebile immagine di una pantera che vagava nel matroneo, ombra di un’ombra, a terrore dei credenti, sfida per gli esegeti – ma magari non era lui…”
È considerato uno dei massimi studiosi europei di intelligence a livello accademico.
Insegna nelle Alte Scuole della Repubblica e ha tenuto corsi, seminari e presentazioni di libri in oltre cinquanta atenei.
Tra i testi scritti e curati: “Cossiga e l’intelligence” (2011), “Aldo Moro e l’intelligence. Il senso dello Stato e le responsabilità del potere” (2018), “La rivoluzione dietro l’angolo. Come il disagio sociale digitale minaccia la sicurezza nazionale” (2019). Inoltre con Giorgio Galli ha scritto “Come si comanda il mondo. Teorie, volti, intrecci” (2017) e “Il potere che sta conquistando il mondo. Le multinazionali dei Paesi senza democrazia” (2020).
Nel 2021 ha pubblicato “Giulio Andreotti e l’intelligence. La guerra fredda in Italia e nel mondo”.
“Negli ultimi vent’anni, si è progressivamente esteso lo spazio cibernetico, che è asimmetrico per definizione dove piccoli Stati come territorio possono rappresentare grandi potenze, quali Israele e Corea del Sud. Dal cyber spazio arrivare al sesto dominio, per me quello della mente, il passo è breve, poiché a breve tutto il mondo sarà connesso a Internet. Pertanto se tutti siamo collegati tutti potremmo essere tracciati e quindi in gran parte condizionati. Appunto per questo, potrebbe essere opportuno cominciare a delineare una “geopolitica della mente”, intesa come il campo di battaglia dove si sta svolgendo la lotta per il potere, in modo da esercitare il dominio definitivo sulle persone e sulle nazioni, poiché oltre il controllo della mente non può esserci altro”
“Il potere, si diceva, si è fatto più fisico ma anche più impalpabile. La procedura ha travolto la politica, l’algoritmo guida l’organizzazione sociale, le pratiche e i decreti sostituiscono il legislatore. Sono volti vuoti ed inermi quelli che appaiono nelle televisioni, c’è molto più potere nella struttura che nella leadership. È diventato chiaro quanto la comunicazione ed il personalismo politico restino il fumo sovrastante mentre la complessità di strutture interdipendenti sia il carbone ardente che serve per arrostire la carne. La nostra vita quotidiana in questo prolungato stato di eccezione dipende molto di più dal funzionario, sia medico, ingegnere o informatico, o dall’impiegato dell’azienda sanitaria, che non da politici impotenti oppure tremendamente impauriti”.
Per “I Classici” Feltrinelli ha tradotto e curato “La Ballata del Vecchio Marinaio Kubla Khan” di Samuel Taylor Coleridge, “Il critico come artista” di Oscar Wilde, “Lord Jim” e “L’agente segreto” di Joseph Conrad, “Moby Dick” e “Billy Budd” di Herman Melville, “Foglie d’erba” di Walt Whitman, “Ulisse” di James Joyce.
“Io sto qui e da qui
vedo collassare le stelle, implodere i volatili,
cabrare verso il loro dio le nubi
per poi precipitare in lacrime e piogge;
vedo cadere tutto e tutto
ininterrottamente”
“Sulla direzione di marcia degli Stati Uniti nel loro complesso, però, non dovrebbero esserci dubbi. Trump non è una deviazione da un percorso, un incidente della storia, ma il risultato di un processo che è iniziato immediatamente dopo la caduta del Muro di Berlino. L’America chiuderà le “guerre infinite” combattute in zone ormai ritenute periferiche […] e proseguirà la propria transizione dal controllo di prossimità del pianeta a quello “da remoto”. In fondo, lo esigono anche le necessità del duello ingaggiato con la Cina, che verrà presumibilmente deciso nello spazio e nel dominio delle alte tecnologie. Per certi versi, si dilaterà l’area di responsabilità entro la quale anche le medie potenze come l’Italia potranno perseguire attivamente i propri interessi, se solo lo vorranno e ne saranno capaci. Ciò comporterà, naturalmente, anche dei rischi, dal momento che parallelamente s’indebolirà una rete di protezione alla quale molto spesso il nostro paese si è aggrappato. Nel mondo che sta emergendo, saremo quindi in un certo senso più liberi di scegliere e persino di agire. Ma non saremo i soli a potercene giovare. Dovremo perciò dotarci delle capacità necessarie a cogliere le opportunità che si paleseranno e schivare i pericoli che incontreremo sul nostro cammino. L’adeguamento anche istituzionale del nostro paese alle sfide che ci attendono è ormai indifferibile”
“Lo spettacolo sottomette gli uomini, nella misura in cui l’economia li ha totalmente sottomessi, così che se il capitalismo moderno, come diceva Debord, si fondava su una degradazione dell’essere in avere, il capitalismo postmoderno ci pone di fronte al passaggio ulteriore dall’avere all’apparire. È proprio dall’apparire che oggi ogni avere effettivo deve desumere il proprio prestigio immediato e la propria funzione ultima”.
Tale approccio è anche al centro del suo libro “Geopolitica Umana” edito da Gribaudo/Feltrinelli.
“La geopolitica umana deve stabilire di cosa vive una comunità, se di gloria, violenza, economia, mera sussistenza, sopravvivenza. Per individuare sovranità o dipendenza, collocazione imperiale o provinciale, antagonismo o sottomissione all’egemone planetario o regionale, massimalismo o nichilismo. Approfondire l’età mediana, la presenza all’interno della comunità di un ceppo dominante, la possibilità o meno di assimilare gli allogeni. Conoscere le stanze degli apparati statali, portatori delle esigenze durature, più rilevanti di qualsiasi classe politica. Agenti di continuità, inclini a cambiare la politica estera quando evolve la cifra antropologica della popolazione, se salta il quadrante internazionale. Al di là di qualsiasi elezione, di qualsiasi avvicendamento di governo. Deve appropriarsi dei codici culturali di una specifica comunità, guardare al mondo con il piglio degli abitanti, accettarne come legittime le ambizioni e le paure prevalenti. Studiare l’evoluzione di un popolo, individuare continuità nella sua esistenza, incrociarne il percorso con quello di vicini e antagonisti, prevedere il viaggio che affronterà. Rinnegare il provincialismo per sporcarsi di ethos straniero, scoprirsi diversa in ogni catabasi, senza ergersi ad autorità censoria, senza temere di perdersi. Fino a scrutare la congiuntura attuale, per anticipare cosa accadrà nel lungo periodo”
“Le teorie della complessità e del caos giocano un ruolo centrale nel pensiero strategico. I sistemi complessi sono caratterizzati dalla loro natura adattiva, dinamica ed evolutiva, con dinamiche che possono stabilizzarsi o generare disordine. Nel contesto attuale, si osservano dinamiche molto rapide e intese nei sistemi globali, che spesso portano a un aumento del disordine anziché a una stabilità prevedibile. Per affrontare efficacemente queste sfide, è necessaria una rivoluzione cognitiva, in particolare nel pensiero strategico, su cui occorre investire molto di più. L’integrazione dell’intelligenza artificiale (AI) può abilitare un salto di qualità significativo, consentendo di analizzare e rispondere in tempo reale alle complessità e alle dinamiche non lineari degli ambienti operativi. L’AI può migliorare la capacità di previsione, ottimizzare le risposte alle emergenze e supportare decisioni rapide e informate. In questo senso, essa potrebbe contribuire ad evitare errori strategici ed escalation non necessarie che innescano o esacerbano i conflitti”.
È poeta, narratore, pittore, teorico d’arte, drammaturgo, performer.
Nel 1977, a seguito dei fatti riguardanti il famoso “Marzo Bolognese”, lascia la città emiliana e parte volontario nelle Forze Armate.
Negli anni successivi soggiorna per lunghi periodi in Belgio, in Francia e in Germania, dove frequenta quegli ambienti artistici. Insegna Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino dal 1990 al 1995.
Come teorico d’arte, pittore e poeta partecipa ai lavori della Biennale di Venezia negli anni 1984 e 1986, edizioni dirette da Maurizio Calvesi. Ha al suo attivo oltre 50 pubblicazioni e 70 mostre pittoriche.
Nel 2024 sono usciti “Isaia” per De Piante Editore e “Dialoghi Infami” per Medusa Edizioni
“Ecco, io odio gli ipocriti, mentre amo chi sa andare fino in fondo, oppure, cristianamente, chi subisce a tal punto la vita che anche se in miseria o se sbaglia è giustificabile, perdonabile. Invece odio i ruffiani, i leccaculi, gli arrivisti, gli opportunisti, i falsi, i finti, chi si accanisce contro gli indifesi, chi fa del male ai bambini. Odio i mafiosi, in generale, cioè chi fa congrega per succhiare il sangue agli altri. Non sopporto le cricche. In questo caso sono un cane sciolto, come poi lo sono in arte, in letteratura, nel pensiero, in vita”.
“Quali sono i miei più bei ricordi di viaggi? Sarebbero troppi da elencare… Essere brevemente rapito da tribù tuareg in Libia durante la rivoluzione del 2011. Intervistare e spezzare il pane con l’eroico combattente della resistenza afghana Ahmed Shah Massoud nelle montagne dell’Hindu Kush. Imbattersi in un gruppo di combattenti arabi molto ostili a Kabul, prima che qualcuno di noi sentisse parlare di Al Qaeda. Condividere un viaggio di 10 ore in un Winnebago con Imelda Marcos nelle Filippine. Intervistare una coraggiosa femminista egiziana al Cairo che ha raccontato molte storie troppo scabrose per essere ripetute qui (sono disponibili in tutta la loro gloria in technicolor nel mio libro su Erodoto)! Noleggiare un treno privato incredibilmente economico da Rangoon a Mandalay con un cuoco ubriaco che continuava a cadere in Birmania. Pranzare con il veterano di guerra e scrittore nonagenario Paddy Leigh Fermor nella sua bellissima casa nel Peloponneso.”
“Dovremmo smetterla di torturarci con le cazzate, con le ambizioni da due lire, di volere quello che alla fine disprezziamo. […] Questi sono dei traguardi di verticalità raggiungibili che ti portano alla solitudine, alla non riconoscenza sociale, ma poi esiste una linea gotica non solo della linea politica, ma anche dell’esistenza: stare di là o stare di qua”.
“I Paesi del Mediterraneo sono i nostri fratelli, i nostri vicini di casa. Sono più simili a noi i popoli che attorniano il Mediterraneo che quelli dell’Europa del Nord, rispetto a cui condividiamo più tradizioni, modi di fare e percorsi storici. Un mondo più vicino anche geograficamente: per fare un esempio, tra la Sicilia e la Tunisia la distanza è di poco più di un centinaio di chilometri. Non siamo stati abili a veicolare questa vicinanza ai popoli del Mediterraneo, soprattutto a livello di singoli Paesi europei e Unione Europea, che faticano a pensare in termini mediterranei. E questo è grave anche oggi che il Mediterraneo, per la tragedia migratoria, è diventato anche un mare di morte. Tutto questo per il rifiuto di capire un fenomeno che non è un’emergenza, ma un processo strutturale che appartiene alla storia dell’umanità. E nel frattempo, pensiamo solo alla Libia, abbiamo agito per destrutturare sul fronte geopolitico quest’area di mondo, sostenendo anche autocrati come il generale al-Sisi in Egitto”.
Viceministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale dal 2013 al 2015, si è dimesso dalla posizione al Governo e in Parlamento, entrando in Eni nel luglio 2015 di cui è divenuto, dal 1 luglio 2020, Director Public Affairs.
Ha svolto attività di docenza presso l’Università di Firenze, l’Overseas Studies Program della Stanford University e altre università straniere. Ha collaborato inoltre con think tank europei e americani specializzati in relazioni internazionali. E’ membro del board dello European Council on Foreign Relations (ECFR) e dell’Istituto Affari Internazionali (IAI), è membro del comitato editoriale di WE – World of Energy e collabora con le riviste Limes e Aspenia.
È Chairman di OMEC (Observatoire Mediterranéen de l’Energie et du Climat).
“Dobbiamo superare le due retoriche che caratterizzano il nostro dibattito su questo bacino. Il Mediterraneo non è solo la punta dell’iceberg dell’immigrazione illegale ma nemmeno un mare di pace e di incontro tra religioni. Non è più un mare nostrum ma un’area molto affollata dove grandi potenze come Usa, Russia e Cina si confrontano. Noi dipendiamo dalle rotte del commercio marittimo come non immaginiamo. Esportiamo lungo le rotte marittime il 79 per cento dei nostri beni e servizi totali e il 96 per cento dei beni e servizi extra-Ue. Importiamo dalle linee marittime l’84 per cento dei beni e servizi totali e il 99,4 per cento dei beni e servizi extra-Ue. Eppure il nostro porto principale, quello di Trieste, processa 62 milioni di tonnellate l’anno. Tangeri, Marsiglia, Barcellona e Atene fanno meglio. Un risultato strano se guardiamo la mappa e il ruolo che potrebbe giocare l’Italia”
Attraverso i miei libri voglio “comunicare con i ribelli di questa società, con le loro anima, vuole una poesia del No, cerca di organizzare una ribellione, una lotta di classe dei disgraziati, sta dialogando con un gruppo di sovversivi dell’anima, che ancora neanche si è costituito”.
“Quando marciscono, i desideri producono odio. Per questo, il cielo dell’Europa è un cielo di frustrazione. Dopo essere cresciuti credendo che ogni desiderio poteva essere soddisfatto, la crisi economica ha posto le persone di fronte alla necessità della rinuncia. La rabbia è stato il modo più comune con cui hanno reagito alla ristrettezza. La rabbia di non poter realizzare le promesse che gli erano state fatte da giovani”.
“L’arte non è a servizio della pastorale, ma è esperienza di umanità. Non bisogna mai perciò considerare l’arte e la letteratura propriamente come uno strumento pastorale. Se mai bisogna accostarsi ad essa come un’espressione profonda dell’umanità, dei suoi bisogni, dei suoi desideri, delle sue aspirazioni, ma anche dei suoi dubbi e dei suoi drammi. Leggere un’opera d’arte, accostarsi ad un romanzo, vedere un film non significa affatto trovare uno strumentario, ma ascoltare l’esperienza umana che in quell’espressione artistica emerge e viene espressa. Un ascolto che raccoglie una tale densità di esperienza, mediata dall’opera stessa, che mai si farebbe nella propria esistenza. Come il giro del mondo in 80 giorni, per esempio, o la visita di altri pianeti oppure l’approccio ad esperienze “estreme” che mai si vivrebbero nella vita ordinaria. Esiste, poi, un secondo aspetto, quello che definirei “pensiero metaforico”. L’arte possiede una logica umana profonda che non si limita ad una logica matematica. Per esempio come Dostoevskij diceva in “Memorie dal sottosuolo”: “Non sempre nella vita e nell’arte due più due fanno quattro”. C’è perciò una logica differente che permette di penetrare più intimamente nel tessuto dell’esperienza umana, facendo vedere il mondo non solo in bianco e nero, ma con tutte le sue sfumature”.
“Anche facendo grazia a Vannacci delle numerose sgrammaticature, di cui altri si sono occupati con fin troppa puzza sotto al naso, degli straripanti stereotipi usati per mettere alla berlina tutti i soggetti che non gli vanno a genio, della scarsità e unilateralità delle fonti citate a sostegno delle sue opinioni, di certi paragoni sgangherati più adatti ad una chiaccherata con gli amici al bar che a un prodotto letterario, dei frequenti e alla lunga insopportabili riferimenti alla sua personale epopea militare, è la sostanza del suo pensiero, quando esce dalla polemica per declinarsi in termini positivi, a lasciare perplessi”.
Riconosciuto a livello internazionale come tra i migliori esperti italiani sulle commodities, viene regolamente intervistato dalle agenzie di stampa Reuters, Bloomberg e Dow Jones per analisi di mercato. Partecipa regolarmente come relatore presso i seminari organizzati dalla Confindustria, Confapi e la School of Management del Politecnico di Milano. È inoltre consulente per le materie prime dell’associazione italiana dei direttori acquisti (ADACI). Attualmente ricopre anche l’incarico di Consigliere del Ministro della Difesa per l’analisi strategica dell’impatto delle materie prime e dei materiali rari sulla supply chain e sul comparto industriale della Difesa.
“Le leadership europee non sembrano essere pienamente consapevoli delle responsabilità che l’approccio zelante in materia di politiche climatiche ha nell’alimentare la corsa al rialzo delle materie prime”
“Cosa succede se nessuno crede più in una verità condivisa? Succede un gran casino. In fondo l’idea di verità oggettiva, sulla quale si fonda la scienza moderna, è innanzitutto il sottoprodotto di uno sforzo politico per costruire degli spazi di neutralità artificiale in un tempo di guerre di religione. Ma oggi il problema è che questa verità condivisa non possiamo imporla con la forza: gli strumenti di ingegneria sociale connessi alla sovranità dello stato-nazione sono spuntati, perché a monte il sistema non è in grado di fornire dei risultati all’altezza delle sue promesse. Quindi nascono nuovi paradigmi per riempire i vuoti di un discorso mainstream sempre più insoddisfacente”.